Caduta Capelli post estate: cos’è, quali sono le cause e come combatterla.
La Caduta dei Capelli dopo l'Estate o effluvio fisiologico è del tutto naturale quindi niente...
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Descriviamo le diverse patologie che causano la caduta dei capelli
l diradamento dei capelli rappresenta oggi un disturbo estetico molto diffuso, sia tra gli uomini che tra le donne: le percentuali a riguardo sembrano in continuo aumento anche tra i più giovani, e non è ancora chiaro il motivo di questo incremento. Fatto sta che questa problematica comporta non pochi fastidi estetici che si traducono spesso in forti disagi psicologici e difficoltà nei rapporti sociali.
Spesso, una caduta improvvisa o incontrollata di capelli, può funzionare anche come campanello d’allarme per indagare e scovare patologie sistemiche a cui magari non avremmo mai pensato.
Non bisogna però per questo cadere in un allarmismo immotivato: veder cascare dei capelli non significa necessariamente essere affetti da qualche malattia o che prima o poi diventeremo calvi, anzi, spesso significa semplicemente che tutto funziona alla perfezione. Il ciclo vitale di un capello, infatti, è costituito da 3 differenti fasi (anagen, catagen e telogen) che alternano momenti di crescita a momenti di stasi e infine di caduta (da qui il termine Telogen Effluvium per descrivere il calo fisiologico al termine del ciclo, che può contare anche 100 capelli persi in un giorno).
Ricambio stagionale a parte, le motivazioni alla base di una caduta di capelli possono essere diverse: la natura del progressivo diradamento, chiaramente, definisce e influenza fortemente la comparsa della calvizie e la sua reversibilità, dettaglio che risulta fondamentale per chi la subisce.
Alcune volte la caduta dei capelli è definitiva, senza alcuna possibilità di ricrescita, altre invece si assiste a una totale rigenerazione dei bulbi interessati, sintomo di un evento periodico, non permanente e reversibile.
Quando le cause scatenanti la caduta dei capelli toccano la sfera genetica ed ereditaria, si parla di Alopecia Androgenetica, un processo di miniaturizzazione e progressiva caduta di capelli, senza alcuna possibilità di recupero, spinta da una componente ormonale e da una predisposizione genetica che viene ereditata in maggioranza dal ramo materno.
Esistono però anche altre patologie che possono provocare, come effetto secondario, una consistente caduta di capelli. Vediamo insieme quali sono.
Un eccesso o un abbassamento degli ormoni tiroidei nel nostro organismo viene tradotto come l’incapacità di garantire il funzionamento dei vari processi metabolici, anche per quanto riguarda i capelli. Gli ormoni T3 e T4 in particolare, regolano lo sviluppo del bulbo pilifero dalle sue fasi iniziali fino alla comparsa di un nuovo capello: se presenti in esubero o in quantità ridotte, tale meccanismo viene alterato e i capelli che terminano il loro ciclo vitale non vengono sostituiti da alcun nuovo bulbo, il che comporta sicuramente un diradamento progressivo. Nella maggior parte dei casi la problematica è reversibile: una volta stabilizzati i dosaggi degli ormoni tiroidei, spesso con l’utilizzo di farmaci, anche la capigliatura ritrova un equilibrio migliore.
Un’altra patologia della Tiroide legata ad un peggioramento dei capelli è la Tiroide di Hashimoto un’infiammazione cronica della tiroide che sfocia spesso in ipotiroidismo e che purtroppo ha un’incidenza molto alta sulla popolazione mondiale. Può manifestarsi in maniera molto lenta, con sintomi che variano dalla stanchezza alla costante sensazione di freddo, fino a diminuzione dell’appetito e caduta corposa di capelli.
Le malattie legate alla Tiroide sono tra le prime ipotesi da verificare quando c’è bisogno di dare un nome e una motivazione a una straordinaria perdita di capelli: in questi casi, gli esami ematici tiroidei risultano fondamentali e talvolta illuminanti per una diagnosi corretta.
Conosciuto anche come LES (Lupus eritematoso sistemico), malattia cronica autoimmune responsabile dell’infiammazione di organi e tessuti: in base alla violenza con la quale si manifesta, può interessare articolazioni, pelle, cellule del sangue, reni, polmoni, sistema nervoso, cuore e altri organi. Non esiste una cura e non se ne conoscono le cause precise anche se sembra certa una correlazione tra fattori genetici, ormonali e ambientali. A parte le eruzioni cutanee arrossate e sensibilissime alla luce solare, tipiche del Lupus, tra gli effetti palesi sono noti stati febbrili, affaticamento, stanchezza e l’immancabile caduta di capelli, parziale o totale, dovuta alla forte infiammazione della cute in cui si trova il follicolo.
La caduta di capelli non è definitiva, a differenza del Lupus eritematoso discoide (LED, Lupus eritematoso discoide o cutaneo cronico) in cui le lesioni cutanee hanno forma discoidale e provocano invece una cicatrizzazione del tessuto e una caduta irreversibile dei capelli o peli presenti.
Risulta abbastanza complicato diagnosticare il Les, in quanto, a parte la caratteristica eruzione cutanea a farfalla non sempre presente, molti sintomi sono in comune con altre patologie e traggono spesso in inganno.
Esistono esami ematici specifici da poter fare per avere indicazioni in tal senso ma spesso non sono sufficienti: bisogna anche affidarsi a un esperto del settore che possa interpretare i vari sintomi e delineare un quadro dettagliato.
Il diabete è una malattia cronica molto diffusa, causata da livelli troppo alti di glucosio nel sangue, spesso a causa di un mal funzionamento dell’insulina, un ormone peptidico prodotto nel pancreas. Quando l’insulina svolge il suo dovere, il glucosio viene veicolato dal circolo sanguigno al tessuto muscolare e a quello adiposo dove si svolgono processi metabolici fondamentali per il nostro organismo.
Se l’insulina non risulta sufficiente o se non funziona correttamente, invece, il glucosio resta indisturbato nel sangue in quantità eccessiva e potenzialmente danneggia sia vasi sanguigni che capillari, responsabili dell’ossigenazione e del nutrimento di molte strutture, tra cui appunto i bulbi piliferi.
In tal modo vengono modificati i ritmi di crescita fisiologica del capello, il quale non riesce a mantenere più le sue condizioni ottimali e finisce per indebolirsi, assottigliarsi e cadere definitivamente. Ciò comporta una variazione negativa in termini di densità per centimetro quadrato dei bulbi e un peggioramento visibile della capigliatura.
Il Diabete, inoltre, può causare un incremento nell’effluvio dei capelli in fase Telogen e alimenta il rischio della comparsa di Alopecia Areata.
È necessario, soprattutto ai fini clinici prima che tricologici, tenere sotto controllo i livelli di glicemia monitorando costantemente con esami ematochimici; anche uno stile di vita sano, una buona alimentazione, l’attività fisica e bassi livelli di stress possono coadiuvare nella regolazione del glucosio, così come gli integratori a base di biotina e acido folico.
Forti carenze di ferro (anemia) e/o di vitamine necessarie al mantenimento dello stato di salute basilare per il nostro organismo, possono compromettere anche il benessere del bulbo, che tende inevitabilmente a indebolirsi progressivamente fino a cadere del tutto e scoprire aree del cuoio capelluto.
La Vitamina D, per esempio, rappresenta un elemento essenziale, in primis perché coinvolta direttamente nella maturazione del follicolo pilifero e, inoltre, perché stimola molto efficacemente il recupero dei bulbi miniaturizzati e il loro mantenimento.
Stesso discorso anche per il Ferro, minerale costitutivo del capello, responsabile della sua cheratinizzazione e dell’apporto di ossigeno ai tessuti: quando il livello del ferro è basso, l’organismo, per un meccanismo di difesa “automatico”, lo indirizza ai distretti necessari dove avvengono processi vitali, trascurando invece tutti quelli secondari. Nel follicolo, questo sequestro seppur “giustificato” di ferro, si traduce nell’incapacità di ripartire con una nuova fase anagen e nel deterioramento della qualità del capello.
L’anemia spesso comporta ulteriori disturbi fisici (dolori, affaticamento, debolezza), pertanto il dosaggio del Ferro si rivela importante anche per altri motivi clinici.
L’effluvio spinto da una carenza di ferro e/o vitamine non è irreversibile, ma bisogna ripristinare i normali livelli in circolo prima di rivedere i capelli nella loro condizione migliore. Come? Semplicemente regolando l’alimentazione (preferendo cibi che contengano tali elementi in concentrazioni maggiori) e assumendo delle integrazioni, ovviamente sotto consiglio medico.
Tra le infezioni del cuoio capelluto solitamente dovute al coinvolgimento di funghi o batteri che colonizzano aree del cuoio capelluto, troviamo più frequentemente:
Infiammazione (da stafilococco o per ragioni meccaniche) abbastanza comune, potenzialmente cronica, che causa prurito e la comparsa di brufoletti nelle aree interessate. In questo caso, il tessuto infiammato in maniera cronica reagisce facendo cadere i capelli. Reversibile.
Malattia infiammatoria cronica, di natura autoimmune, non contagiosa ma difficilmente reversibile.
È caratterizzata dalla comparsa di placche in rilievo, molto arrossate, e prurito, soprattutto su gomiti, ginocchia e cuoio capelluto (per lo più perimetro frontale e alla base della nuca).
Quando interessa i capelli, il rischio è che la forte infiammazione possa causare cicatrizzazione della cute e relativa perdita permanente di bulbi.
La sintomatologia può anche sparire del tutto in un determinato periodo dell’anno ad esempio (solitamente in estate), per poi ricomparire nuovamente con la stessa intensità o anche più forte.
Non esistono cure che possano guarire dalla Psoriasi, ma oggi esistono diverse terapia per tenere a bada i sintomi e conviverci con più facilità rispetto al passato, soprattutto se pensiamo alla sfera psicologica.
Infezione fungina, altamente trasmissibile che provoca danni al cuoio capelluto (indebolimento, infiammazione) e di conseguenza anche ai capelli, spesso sotto forma di chiazze glabre (Tinea capitis). Reversibile.
Infezione diffusa del cuoio capelluto, sembra a causa di un esubero del lievito Malassezia e di una predisposizione genetica. Presenta squame giallognole, dovute all’accumulo di sebo in eccesso, che sporcano velocemente ed anche visibilmente i capelli: il risultato è una cute molto infiammata, desquamata ed un capello sofferente che si presenta sempre più miniaturizzato e debole. Talvolta con l’asportazione, seppur delicata, delle squame, vengono via anche diversi bulbi che poi fanno fatica a ricrescere viste le condizioni non proprio ideali.
Detto anche Lichen Planus, è una malattia infiammatoria, non contagiosa, che colpisce vari distretti cutanei e mucose, tra cui il cuoio capelluto. Di origine autoimmune, si presenta con pustole arrossate e pruriginose. Anche in questo caso, il follicolo subisce un’importante infiammazione che poi pesa sulla qualità del bulbo che si indebolisce e cade, scoprendo aree diradate. Il Lichen colpisce per lo più le donne adulte, a volte regredisce da solo, spontaneamente, mentre nei casi più gravi è necessaria una terapia che possa limitare i danni.
È una problematica abbastanza frequente nelle donne, caratterizzata dalla comparsa di una o più cisti ovariche, e spesso da forti dolori mestruali. In questa condizione, la produzione degli ormoni androgeni, presenti normalmente anche nelle donne, raggiunge livelli troppo elevati e causa la cosiddetta “virilizzazione”, cioè la comparsa di peli anche in zone dove non sono previsti (collo, viso, petto, addome).
Gli ormoni androgeni sono gli ormoni responsabili dell’alopecia a predisposizione genetica. La donna affetta da PCOS può dunque sviluppare una forte alopecia androgenetica, irreversibile, talvolta addirittura dalle sembianze più maschili, interessando soprattutto l’area frontale. Il disagio estetico che ne consegue è assolutamente elevato e difficile da gestire.
Terapie farmacologiche particolarmente aggressive possono indurre un’ingente caduta di capelli, prime fra tutte la chemioterapia e la radioterapia. Si tratta di farmaci detti “citotossici” che bombardano le cellule tumorali, impedendone la crescita.
Sfortunatamente però, questi principi attivi non sono affatto selettivi e colpiscono anche altre cellule del nostro organismo, che nulla hanno a che fare col tumore. Perciò, anche le cellule che costituiscono i follicoli piliferi vengono attaccate dalla terapia: la conseguenza più tangibile dopo una chemio – o una radioterapia – è appunto la perdita dei capelli.
Per fortuna non si tratta di un fenomeno irrimediabile, anzi: solitamente la caduta inizia dopo un paio di settimane dall’inizio del trattamento, peggiorando nel corso del tempo, per poi essere sostituita da una ricrescita pilifera quando si giunge al termine delle infusioni.
Comporta sicuramente un disagio estetico importante, che si somma al quadro psicologico già alquanto instabile dovuto alla malattia oncologica, ma per fortuna è reversibile e, addirittura, molte persone trovano i capelli ricresciuti post terapia addirittura più forti e più belli di prima.
La speranza è che prima o poi i farmaci antitumorali possano diventare altamente selettivi e non comportare gli effetti collaterali attuali sia clinici (debolezza, nausea, vomito, stanchezza, dolori alle ossa) che estetici.
La sifilide è un’infezione batterica (batterio Treponema pallidum) trasmissibile sessualmente, non molto frequente ma più presente oggi che in passato, forse a causa della poca attenzione alla prevenzione.
Si manifesta in 3 step differenti, partendo dalle aree genitali infettate e doloranti, passando per una particolare perdita di capelli in seconda fase, fino all’ultima fase di latenza. L’alopecia viene detta “sifilitica” e si presenta sotto forma di chiazze glabre (simili all’alopecia areata) miste a eruzioni cutanee tipiche della patologia. La sintomatologia non è permanente, una volta terminata la terapia, sia il rush cutaneo che le piccole alopecie regrediscono per tornare alla normalità.
Lo studio di queste patologie così diverse tra loro, ci indica che alla base di una caduta più o meno importante di capelli, ci possono essere davvero tante motivazioni, anche di natura molto diversa.
Autogestirsi in questi casi non è mai la scelta migliore, anzi si rischia di far aggravare la situazione perdendo tempo e facendo ipotesi errate. Anche in questo caso, quindi, la scelta migliore è affidarsi a uno specialista del settore, a un medico con una forte esperienza in merito, per giungere nel più breve tempo possibile alla diagnosi corretta e, soprattutto, alla terapia migliore per sconfiggerla.
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